sabato 13 dicembre 2008

Il valore storico dei vangeli

LA STORICITÀ DI GESÙ
Il valore storico dei vangeli


Le fonti
I LIBRI CANONICI DEL NUOVO TESTAMENTO – La fonte principale della nostra conoscenza sul Gesù storico è anche il problema principale: i quattro vangeli canonici che i cristiani considerano parte del Nuovo Testamento. Essi mirano prima di tutto a proclamare e a rafforzare la fede in Gesù come Figlio di Dio, Signore e Messia. Non intendono né pretendono dare qualcosa di simile a una narrazione completa, e neanche sommaria, della vita di Gesù. da qui l'impossibilità di stendere una "biografia" di Gesù in senso moderno.

Il termine "vangelo" viene dal greco euanghelion (latino: evangelium) e significa "buona notizia", "lieto messaggio". Questo messaggio – trasmesso oralmente – ha come suo contenuto essenziale la persona di Gesù, il suo insegnamento, la sua morte e risurrezione. Solo agli inizi del II secolo (dal 100 d.C.) si comincia a usare il termine "vangelo" per indicare quei testi che contengono il messaggio di Gesù, messo nel frattempo per iscritto. Così Giustino, verso il 150 d.C., ricorda che nelle assemblee cristiane si leggevano le "memorie degli apostoli che si chiamano vangeli" (Apologia I, 66 [PG 6,429]). I vangeli canonici sono quattro piccoli libri, in parte somiglianti, in parte diversi, che però formano un unico Vangelo, quello che un padre della Chiesa del II secolo, Ireneo di Lione, nel suo libro Contro le eresie (3,11,8-9 [SC 34,203]), scritto nel 180 d.C., chiamava "l'Evangelo quadriforme". I primi tre si chiamano "sinottici" perché – essendo in buona parte concordanti – se sono disposti su tre colonne parallele si possono leggere insieme, con un solo colpo d'occhio, cioè in "sinossi" (da syn: con, insieme, e opsis: vista). Il quarto, invece, segue una propria tradizione.

COME SI PRESENTANO A NOI OGGI? – Quanto alla lingua, noi li possediamo solo in greco; quanto al testo, non abbiamo a disposizione gli originali, ma solo delle copie, che sono però antichissime: alcune frammentarie, come quelle dei papiri provenienti dall'Egitto (conservati grazie al clima secco), altre complete, come quelle dei codici in pergamena. I papiri sono molto antichi: uno – il p52 – risale addirittura alla prima metà del II secolo (circa 120-130 d.C.) e riporta un brano del vangelo di Giovanni. I codici che contengono i quattro vangeli – alcuni dei quali risalgono al IV secolo, come il Codice Vaticano (detto B) scritto verso il 350 d.C. – sono circa 270. La tradizione della Chiesa che risale ai primi tempi del cristianesimo parla di quattro autori: Matteo, Marco, Luca e Giovanni. In realtà, i vangeli si presentano senza il nome dei loro autori. Circa la data di composizione, l'opinione corrente degli studiosi contemporanei ritiene che Marco, usando diverse collezioni di tradizioni orali e forse scritte, compose il suo vangelo attorno al 70 d.C.; Matteo e Luca, lavorando indipendentemente, composero vangeli più lunghi tra il 70 e il 100 (più verosimilmente tra l'80 e il 90), combinando ed elaborando Marco, una collezione di detti di Gesù (che gli studiosi etichettano con la sigla Q) e tradizioni peculiari a Matteo e Luca (secondo la cosiddetta "ipotesi delle due fonti"). La composizione del vangelo di Giovanni è fissata tra il 90 e il 100.

Al di fuori dei quattro vangeli, il Nuovo Testamento offre pochissimo su Gesù. Spesso i testi sono scritti occasionali, che rispondono a precisi problemi e a concrete esigenze delle comunità cristiane, e non trattano direttamente della vita e dell'insegnamento di Gesù. Le poche notizie essenziali sulla sua figura (principalmente in Paolo) non sono contraddittorie rispetto ai vangeli. E possibile trovare qualche fonte indipendente di informazione sul Gesù storico al di fuori del Nuovo Testamento?

FLAVIO GIUSEPPE – Il primo e più importante "testimone" potenziale della vita e dell'attività di Gesù è un giudeo aristocratico, politico, opportunista e storico: Giuseppe ben Mattia (37/38 d.C. – poco dopo il 100), conosciuto come Flavio Giuseppe, nome assunto dai suoi protettori, gli imperatori della famiglia dei Flavi (Vespasiano e i suoi figli Tito e Domiziano). Scrisse due grandi opere – La guerra giudaica e le Antichità giudaiche – e in entrambe Gesù viene menzionato. Dal momento che il testo presente ne La guerra giudaica è un prodotto cristiano posteriore, anche gli altri due passi sono spuri?

"Essendo questo tipo di persona [cioè un sadduceo senza cuore], Anano, ritenendo di avere una favorevole opportunità, poiché Festo era morto e Albino era ancora in viaggio, convocò una riunione [lett.: sinedrio] di giudici e vi trascinò un uomo di nome Giacomo, fratello di Gesù, chiamato Messia, e altri con lui. Li accusò di aver trasgredito la legge e li consegnò perché fossero lapidati" (Antichità giudaiche 20,9,1 § 200).

"In quel tempo apparve Gesù, un uomo saggio, se pure si può chiamarlo uomo. Infatti, fu operatore di fatti sorprendenti, un maestro di persone che accoglievano la verità con piacere. E si guadagno un seguito tra molti giudei e tra molti di origine greca. Egli era il Messia. E quando Pilato, per un'accusa portata dai nostri capi, lo condannò alla croce, quelli che lo avevano amato precedentemente non smisero di farlo. Infatti, apparve loro il terzo giorno nuovamente vivo, proprio come i divini profeti avevano detto su di lui queste e innumerevoli altre cose prodigiose. E fino a oggi, la tribù dei cristiani, che da lui prende il nome, non è scomparsa" (Antichità giudaiche 18,3,3 § 63-64).

ALTRI SCRITTORI PAGANI E GIUDEI – Lo storico Tacito (56/57 – 118 circa) scrisse come ultima grande opera della sua vita gli Annali (la storia di Roma dal 14 al 68 d.C.). Sfortunatamente non abbiamo alcuni libri e proprio la trattazione dal 29 al 32 d.C. è andata perduta. Tuttavia il nome di Gesù è ricordato in riferimento a Nerone: "Allora, per ridurre al silenzio la voce pubblica, Nerone creò dei colpevoli e sottopose alle più raffinate torture quelli che la gente comune chiamava ‘cristiani', [un gruppo] odiato per i loro abominevoli crimini. Il loro nome viene da Cristo, il quale durante il Regno di Tiberio, era stato giustiziato dal procuratore Ponzio Pilato. Repressa per breve tempo, la rovinosa superstizione riprese di nuovo forza, non solo in Giudea, il paese in cui ebbe origine questo male, ma anche nella città di Roma, in cui converge da ogni parte del mondo ed è ferventemente coltivata ogni sorte di pratica orrenda e vergognosa" (Annali 15,44).

Spesso si citano anche Svetonio (Claudius 25,4), Plinio il Giovane (Lettera 10,96) e Luciano di Samosata (Della morte di Peregrino), ma in effetti questi riferiscono semplicemente qualcosa di ciò che i primi cristiani dicevano o facevano e non si può dire che forniscono una testimonianza indipendente su Gesù stesso, se non sulla sua esistenza. Anche nelle più antiche fonti rabbiniche non c'è un riferimento chiaro, e neppure probabile, a Gesù di Nazareth.

GLI 'AGRAPHA' E I VANGELI APOCRIFI – Anche gli agrapha (cioè i "detti" di Gesù, poi messi per iscritto) e i vangeli apocrifi non forniscono dati utili. Sono piuttosto documenti che presentano la reazione a scritti del Nuovo Testamento o la loro rielaborazione da parte di rabbini giudei impegnati nella polemica o da cristiani fantasiosi che rispecchiavano la pietà e le leggende popolari.


Criteri per determinare ciò che proviene da Gesù
Se i quattro vangeli canonici risultano essere gli unici ampi documenti contenenti significativi blocchi di materiale rilevante per una ricerca sul Gesù storico, dal momento che questi sono anche fonti difficili – perché intrisi della fede pasquale della chiesa delle origini, altamente selettivi e ordinati secondo diverse prospettive teologiche – è possibile elaborare criteri chiari per discernere cosa si può giudicare storico nei vangeli?

Criteri principali Criteri secondari (o dubbi)

1. Il criterio dell'imbarazzo
1. Il criterio degli indizi aramaici

2. Il criterio della discontinuità
2. Il criterio dell'ambiente palestinese

3. Il criterio della molteplice attestazione
3. Il criterio della vivacità della narrazione

4. Il criterio della coerenza
4. Il criterio delle tendenze di sviluppo della tradizione sinottica

5. Il criterio del rifiuto e dell'esecuzione
5. Il criterio della presunzione storica


Nella nostra ricerca sul Gesù storico dipendiamo, in gran parte, dai quattro vangeli canonici. Poiché questi vangeli sono permeati dalla fede pasquale della chiesa primitiva e furono scritti tra i quaranta e i settant’anni dopo gli avvenimenti narrati, ci chiediamo: come possiamo distinguere ciò che proviene da Gesù (primo stadio, approssimativamente 28-30 d.C.) da ciò che fu creato dalla tradizione orale della chiesa delle origini (secondo stadio, dal 30-70 d.C. circa) e da ciò che fu prodotto dal lavoro editoriale (redazione) degli evangelisti (terzo stadio, dal 70 al 100 d.C. circa)? Da notare che tali criteri, di norma, possono produrre giudizi che sono solo più o meno probabili; è raro che si possa avere la certezza. Di fatto si tratta di passare dal meramente possibile al realmente probabile. Possiamo distinguere cinque criteri “principali” e cinque criteri “secondari” (o “dubbi”).


I CRITERI PRINCIPALI

1. Il criterio dell’imbarazzo – Il “criterio dell’imbarazzo” (o “di contraddizione”) concentra l’attenzione su azioni e detti di Gesù che avrebbero prodotto imbarazzo o creato difficoltà alla chiesa primitiva. Esempio fondamentale è il battesimo di Gesù: Marco lo riporta in modo misterioso e laconico, senza spiegazione (Mc 1,4-11); Matteo introduce un dialogo con il Battista (Mt 3,13-17); Luca escogita la soluzione sorprendente di non raccontare il fatto, ma darlo per avvenuto (Lc 3,19-22) e Giovanni, in modo radicale, non lo narra affatto, pur lasciando la testimonianza del Padre e la discesa dello Spirito su Gesù (Gv 1,29-34). Altri casi simili: l’affermazione di Gesù di non conoscere il giorno e l’ora della fine (Mc 13,32). Come tutti i criteri che esaminiamo, anche il criterio dell’imbarazzo ha i suoi limiti e deve essere sempre utilizzato in combinazione con gli altri.

2. Il criterio della discontinuità – Strettamente collegato al primo, il “criterio della discontinuità” (o della “dissomiglianza”, di “originalità”, o di “doppia irriducibilità”) si concentra su parole o fatti di Gesù che non possono derivare né dal giudaismo del tempo di Gesù né dalla chiesa primitiva dopo di lui. Esempi spesso proposti sono la radicale proibizione di ogni giuramento (Mt 5,34.37, ma cfr. Gc 5,12), il rigetto del digiuno volontario per i suoi discepoli (Mc 2,18-22 e paralleli) e forse la totale proibizione del divorzio (Mc 10,2-12 e paralleli; Lc 16,18 e paralleli). Questo criterio è il più promettente e il più malagevole: non possediamo una completa conoscenza del giudaismo del tempo di Gesù e del cristianesimo subito dopo di lui! Inoltre, se Gesù fosse stato così discontinuo con la storia religiosa a lui immediatamente precedente o successiva, nessuno lo avrebbe capito!

3. Il criterio della molteplice attestazione – Il “criterio della molteplice attestazione” (o “sezione trasversale”) si concentra su quei fatti o detti di Gesù che sono attestati in più di una fonte letteraria indipendente (per esempio: Marco, Q, Paolo, Giovanni) e/o in più di una forma o genere letterario (per esempio: parabola, racconto di disputa, racconto di miracolo, aforisma, profezia). Una ragione, ad esempio, per cui gli studiosi affermano così facilmente che Gesù parlò del “regno di Dio” (o “regno dei cieli”) è che la frase si trova in Marco, in Q, nella tradizione speciale matteana, nella tradizione speciale lucana e in Giovanni, con echi in Paolo, nonostante il fatto che “regno di Dio” non sia un modo di esprimersi preferito da Paolo. Nello stesso tempo la frase si trova in molti generi letterari (parabola, beatitudine, preghiera, aforisma, racconto di miracolo).

4. Il criterio della coerenza – Il “criterio della coerenza” (o di “accordo” o “conformità”) può essere assunto solo dopo che una certa quantità di materiale storico è stata isolata con i precedenti criteri. Tale criterio sostiene che altri detti e fatti di Gesù che sono ben congruenti con i preliminari “dati fondamentali” stabiliti usando i primi tre criteri hanno una buona probabilità di essere storici.

5. Il criterio del rifiuto e dell’esecuzione – Il “criterio del rifiuto e dell’esecuzione di Gesù” è assai differente dai primi quattro. Non indica direttamente se un determinato detto o fatto di Gesù è autentico. Piuttosto orienta la nostra attenzione al fatto storico che Gesù subì una fine violenta per mano dei capi giudei e romani, interrogandosi su quali parole e fatti storici di Gesù possano spiegare il suo processo e la sua crocifissione come “re dei giudei”. Anche se non dobbiamo trasformare Gesù in un violento rivoluzionario o in un sobillatore politico, certo quest’uomo non è stato un semplice poeta che passava il suo tempo a raccontare storielle, o un mite esteta che invitava semplicemente la gente a guardare i gigli del campo: un tale Gesù non minaccerebbe nessuno. Il Gesù storico minacciò, disturbò e irritò la gente, dagli interpreti della legge, passando per l’aristocrazia sacerdotale di Gerusalemme, fino al prefetto romano che alla fine lo processò e lo crocifisse.


CRITERI SECONDARI (O DUBBI)

6. Il criterio degli indizi aramaici – Punta agli indizi di vocabolario, grammatica, sintassi, ritmo e rima aramaici nella versione greca dei detti di Gesù, come segnali di un detto autentico. In realtà vi sono alcuni problemi: 1) anche i primi cristiani erano in buon numero giudei palestinesi che parlavano aramaico; 2) un detto greco facilmente ritradotto in aramaico non per questo doveva essere scritto così in originale; molte forme considerate semitismi, in realtà possono riflettere il linguaggio della koiné greca, in uso presso lo strato meno colto della popolazione.

7. Il criterio dell’ambiente palestinese – Sono attendibili i detti di Gesù che riflettono abitudini concrete, credenze, procedure giudiziali, pratiche commerciali e agricole o condizioni sociali e politiche della Palestina del I secolo. Ma la Palestina abitata da cristiani giudei nel 33 d.C. non era affatto differente dalla Palestina abitata da Gesù nel 29 d.C. (Pilato rimase prefetto della Giudea fino al 36 d.C., Erode tetrarca della Galilea fino al 39 d.C. e Caifa sommo sacerdote fino al 36 o 37 d.C.; le altre condizioni religiose, sociali e commerciali, ovviamente, durarono molto più lungo.

8. Il criterio della vivacità della narrazione – Vivacità e dettagli concreti sono indicatori di un resoconto fatto da testimoni oculari. Tuttavia tale narrazione potrebbe portarci alla tradizione orale, ma non è detto che conduca necessariamente a Gesù stesso. Inoltre, davanti a narrazioni succinte occorre ritenerle autentiche.

9. Il criterio delle tendenze di sviluppo della tradizione sinottica – E’ un criterio molto discutibile, utilizzato dai critici della forma, come Rudolf Bultmann, che pensavano di poter isolare le leggi di sviluppo entro la tradizione sinottica (da Marco a Matteo a Luca). Ma tali leggi – ammesso che ci siano – sono applicabili anche alla tradizione orale e alle altre fonti?

10. Il criterio della presunzione storica – Tale criterio, altrettanto discutibile, porta nel pieno del dibattito su chi graviti l’ “onere della prova”: dalla parte del critico che nega la storicità o dalla parte del critico che la afferma? Chi pone l’accento sui decenni che separano gli avvenimenti originali e la stesura dei vangeli chiede a quanti pretendono di isolare un detto o un fatto originale di Gesù di portarne le prove. All’opposto, coloro che mettono l’accento sul fatto che i testimoni oculari del ministero di Gesù erano i capi della chiesa primitiva, fedele alla tradizione, concludono che l’onere della prova è a carico di coloro che vogliono screditare la credibilità storica dei vangeli.

Conclusione – L’uso di validi criteri più che una scienza è un’arte, che richiede sensibilità ai singoli casi più che una applicazione meccanica. E tale arte produce solo vari gradi di probabilità, non una assoluta certezza. Ma una certezza morale non è che un grado molto alto di probabilità!

http://holy.harmoniae.com/gesu_02_storicita.htm

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