sabato 13 dicembre 2008

I termini di Messia, Cristo, Figlio di Dio, Figlio dell'Uomo

Un sacerdote risponde
Vorrei sapere cosa significano i termini di Messia, Cristo, Figlio di Dio, Figlio dell'Uomo
Quesito

Caro Padre Angelo,
mi scuso in anticipo per la mia insistenza, ed anche per la mia ignoranza, che mi portano a scriverle di nuovo.
Vorrei sapere cosa significavano per gli ebrei al tempo di Gesù questi termini: Messia, Cristo, Figlio di Dio, Figlio dell'Uomo.
Vorrei anche sapere che cosa significano tali termini per gli ebrei di oggi, ed anche cosa significano per noi cristiani.
Vorrei anche sapere che relazione intercorre fra quei termini e Dio (ad esempio: perché il fatto che Gesù sia il Figlio di Dio allora implica anche che sia Dio?).
Mi dispiace di non essere in grado di rispondere da solo a quesiti tanto basilari, mi scuso ancora per questo.
Saluto, ringrazio, prometto preghiera.
Nicola


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Risposta del sacerdote

Caro Nicola,

1. Il termine ebraico di Messia viene tradotto in greco con la parola Cristo, e significa Unto.
In Israele erano unti nel Nome di Dio coloro che erano a lui consacrati per una missione che egli aveva loro affidato. Era il caso dei re, dei sacerdoti e, in rari casi, dei profeti.
Unto per eccellenza doveva essere il Messia che Dio avrebbe mandato per instaurare definitivamente il suo Regno. Il Messia doveva essere unto dallo Spirito del Signore (Is 11,2), ad un tempo come re e sacerdote (Zc 4,14; Zc 6,13) ma anche come profeta (Is 61,1; Lc 4,16-21).
L’angelo ha annunziato ai pastori la nascita di Gesù come quella del Messia promesso a Israele: “Oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore che è il Cristo (Messia) Signore” (Lc 2,11). I pastori dunque hanno capito chi era quel bambino e per questo si sono mossi per andare ad adorarlo.
Gesù è “chiamato Cristo” (Mt 1,16) perché “concepito per opera dello Spirito Santo” (Mt 1,20). Egli fin da principio è “colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo” (Gv 10,36), è l'oggetto della speranza del popolo di Israele (At 28,20).
Gesù ha accettato la professione di fede di Pietro, fatta in prossimità della sua passione, che lo riconosceva quale Messia: “Tu sei il Cristo (Messia), il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16-23). E così Gesù da una parte conferma “che è disceso dal cielo” (Gv 3,13), e dall’altra che “non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (Mt 20,28). È Messia soprattutto dall’alto della croce.
Dopo la Risurrezione Pietro dirà al popolo: “Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo (Messia) quel Gesù che voi avete crocifisso!” (At 2,36).

2. Nell’Antico Testamento il titolo di “figlio di Dio” è un titolo generico dato agli angeli, al popolo eletto, al re, e sta ad indicare che Dio si prende cura di queste creature, come fa un padre con i suoi figli.
Non è invece la stessa cosa quando questo titolo viene dato a Cristo, il quale non è un figlio, ma il Figlio, come ha riconosciuto San Pietro: “ Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16). Gesù gli risponde con solennità: “Beato te, Simone, figlio di Giona, perché non la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli” (Mt 16,17).
Si faccia attenzione: Gesù non dice “il Padre nostro che sta nei cieli”, ma “il Padre mio”, perché la sua relazione con Padre è unica e diversa dalla nostra.
Davanti al sinedrio, alla domanda dei suoi accusatori: “Tu dunque sei il Figlio di Dio?”, Gesù ha risposto: “Lo dite voi stessi: io lo sono” (Lc 22,70).
Il centurione davanti a Gesù in croce esclama: “Veramente quest’uomo era il Figlio di Dio” (Mc 15,39).
Solo quando ha insegnato a pregare ha detto: “Voi dunque pregate così: Padre nostro” (Mt 6,9), per dire che in quel momento Lui prega con noi e per noi.
Gesù presenta se stesso come “il Figlio unigenito di Dio” (Gv 3,16) e con tale titolo afferma che egli esiste da tutta l’eternità, ben prima della sua incarnazione.
La Bibbia di Gerusalemme dice che il termine Figlio di Dio potrebbe significare anche una filiazione adottiva. Infatti anche noi siamo figli di Dio. Ma Gesù ci tiene a dire che la sua è una filiazione diversa dalla nostra.
Insieme con altri dati offerti dal Vangelo noi sappiamo che Gesù è il Figlio, la seconda persona della SS. Trinità.

3. Che significa dire che Gesù è il Figlio dell’uomo?
Il profeta Daniele, nell’Antico Testamento, parla di uno, simile ad un “figlio di uomo”, che “appare sulle nubi del cielo” (Dan 7,13) e quindi di origini celesti “al quale Dio “diede potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano; il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto” (Dn 7,14).
Gesù, ad un tale che gli disse: “Maestro, io ti seguirò dovunque tu andrai”, rispose: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo” (Mt 8,20).
E ancora: “Il Figlio dell’uomo… non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (Mt 20,28).
Gesù applica a Sé questo titolo per indicare da una parte che Egli è il Messia predetto da Daniele e atteso dagli ebrei, e dall’altra che si è fatto veramente uomo, che ha realmente patito, è morto ed è risorto con una carne veramente umana.
Le origini celesti tuttavia non significano ancora direttamente la divinità di questa persona.
Che Gesù abbia avuto origini celesti e cioè che sia stato concepito per opera dello Spirito santo lo sappiamo da altri passi del Vangelo.

Come vedi, a rigore, questi termini non significano in maniera apodittica la divinità di Gesù. Questa è manifesta da altri passi e soprattutto dalle opere da Gesù compiute.
Quella che si avvicina di più alla divinità è quella di Figlio di Dio. Il Sinedrio interroga Gesù e gli chiede espressamente se lui sia il Cristo, il Figlio di Dio benedetto, lasciando capire che Gesù non è figlio come gli altri, ma in una maniera nuova, superiore, che sorpassava di molto il protocollo messianico, un’affermazione che appariva blasfema, nel senso che Cristo si faceva uguale a Dio.
Gli ebrei di oggi intendono queste parole nel significato comune che avevano a quei tempi.
Per noi invece applicate a Gesù hanno un significato particolare. Questo significato particolare viene ricavato, come ho detto, da altri passi e soprattutto dalle opere da Gesù compiute.

Ti ringrazio per il quesito, come sempre ti prometto una preghiera e ti benedico.
Padre Angelo



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